Signorina, abbiamo del Franciacorta per l’aperitivo, vuole unirsi a noi?

Bonjour a tous, e buona domenica!
Come state?

Io ho passato una bella e proficua mattinata.
Questa mattina ho optato per un abito grigio e una giacca di velluto bordeaux, mocassino di camoscio grigio e borsetta di lucertola, un passepartout che ho acquistato l’anno scorso in un piccolo negozietto a Venezia, a cui sono molto affezionata.

Anche questa mattinata è iniziata con delle compere!
Dopo aver fatto lo slalom tra i partecipanti di una maratona che correvano nel senso opposto del mio salire – ma sullo stesso lato della strada – mi sono imbattuta in Piazza Vecchia in un gruppo di gioiose signore che avevano allestito un banchetto di vestiti e accessori per il recupero di fondi che sarebbero serviti alla ristrutturazione di un “giardino letterario”.
Immaginatevi una quindicina di signore tra i sessantotto e i settantacinque anni con rossetti cangianti e piega “fresca del sabato”. Sorridenti e agghindate con gioielli, perle vistose e grandi occhiali da sole.

Appoggiati alle colonne di fronte al bacchetto, erano disposti i vari mariti: signori con baffi che fumavano sigari e si scambiavano battute.
Il signor Lorenzo (mi ha ricordato molto il signor Arturo, chissà dove si trova), un alto signore con Barbour color testa di moro, jeans Levi’s blu scuro e polacchine di camoscio en pendant – marito di Anna, la quale mi stava mostrando foulard e fazzoletti di seta riposti in un bauletto a fianco a lei – si è prodigato come mio porta borse, sorreggendomi l’abito in pizzo marrone che aveva colpito la mia attenzione.
Oltre all’abito ho preso una stola di seta blu scuro, a righe ton sur ton e frange alle estremità. Molto chic devo dire.

Dopo una piccola sosta alla pasticceria Cavour, dove ho accompagnato il mio usuale cappuccino di soia con un mignon ai lamponi e crema di vaniglia, e un cioccolatino fondente “Nicaragua” ripieno di mango, ho proseguito con un tour culturale.

La meta è stata Palazzo Moroni, che a partire dal seicento fu la dimora della famiglia Moroni, la cui fortuna proliferò grazie all’allevamento di bachi da seta. La guida turistica mi ha raccontato che l’ultima erede rimasta ora vive a New York, e a lasciato la gestione del palazzo al Fai.
Sono presenti molti affreschi del pittore Gian Giacomo Barbelli – noto anche in terra cremasca, da dove provengo, per i suoi lasciti – a partire dagli affreschi dello scalone d’onore dove è rappresentata la vicenda di Amore e Psiche.

Proprio sullo scalone ho incontrato il signor Leon, che è diventato il mio compagno di tour tra le sale del palazzo. Un pensionato con Leica al collo che proveniva da Gand.
Ho perso Leon nei meravigliosi giardini pensili “all’italiana”, e più in là nell’ortaglia. Due ettari di viti, alberi da frutto e colture (sconvolgente tutto questo verde in piena città), dove ho incontrato una coppia bresciana comodamente adagiata su due sdraio da giardino.

“Signorina, abbiamo del Franciacorta per l’aperitivo, vuole unirsi a noi?”.

Come avrei potuto non accettare…

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