Mostra “Art Déco”. Il trionfo della modernità” – Palazzo Reale, Milano

In occasione del centenario de l’Exposition internationale des arts décoratifs et industries modernes, tenutasi nella primavera del 1925 a Parigi, la mostra “Art Déco”. Il trionfo della modernità”, nel Palazzo Reale di Milano, festeggia il trionfo del Déco in Italia, fino agli anni ‘30 quando questo stile lascia l’Europa per approdare negli Stati Uniti e diffondersi nel resto del mondo.

Che cos’è l’Art Déco?

L’Art Déco è uno stile artistico, un linguaggio glamour espressione di lusso e vivacità, che si è diffuso tra il 1920 e il 1930 in risposta ai tempi austeri della Prima guerra mondiale.

Interpreta il ritmo incalzante e frenetico della modernità, influenzato dalle innovazioni delle avanguardie, creando scenografie sontuose e suggestive per teatri, cinema, caffè, alberghi, treni e transatlantici. Trasforma il modo di vestire e di vivere, lasciando un segno soprattutto nelle arti decorative. Il suo stile si distingue per un’eleganza raffinata, intrisa di un’erotismo freddo e ambiguo, espressione del lusso e del piacere di un’élite che abbraccia con entusiasmo la contemporaneità.

Negli anni Dieci, artisti come Mario Cavaglieri, Marie-Rose Guérin di Billotey, Vittorio Zecchin e Galileo Chini colgono l’evoluzione del gusto, traendo ispirazione dai Fauves, dagli Espressionisti e dal grafismo delle Secessioni. Nella scultura, Adolfo Wildt influenza Carlo Pizzi, mentre Ivan Meštrović ispira Attilio Selva con forme vigorose e dallo spirito “primitivo”.

Le Biennali internazionali di arti decorative moderne nella Villa Reale di Monza

Nel 1923, la prima Biennale organizzata da Guido Marangoni nella Villa Reale di Monza valorizza l’artigianato, ma lascia spazio anche a elementi déco. La seconda edizione del 1925 segna il dominio di questo stile, con opere di Cambellotti, Zaccari, Rizzarda e Pietro Chiesa, mentre la terza, nel 1927, ne conferma l’affermazione. Dopo una pausa nel 1929, la quarta mostra del 1930 diventa triennale e segna il passaggio dallo stile déco al Novecento. Successivamente, l’evento si trasferisce definitivamente a Milano.

Ho chiacchierato brevemente con una signora della Coppa del 1924, la cui bellezza non traspare dalla foto. Mi ha raccontato che suo padre ne aveva una molto simile in casa e che probabilmente proveniva dalla stessa casa manifatturiera, poiché l’aveva regalata alla moglie, sua madre, al ritorno di un viaggio a Stoccolma.

Parigi 1925: L’Esposizione di Arti Decorative e Industriali Moderne

Aperta nell’aprile del 1925, l’Esposizione di Parigi attira circa 16 milioni di visitatori e segna sia la sintesi delle varie espressioni dello stile moderno, sia la sua consacrazione ufficiale con il nome di Art Déco, sotto la guida della Francia.

La Germania, esclusa per ragioni politiche, e gli Stati Uniti, scoraggiati dagli alti costi, non partecipano. L’evento assume anche un significato diplomatico: la Francia consolida la propria supremazia estetica e commerciale, mentre l’Italia fascista e l’Unione Sovietica colgono l’opportunità di uscire dall’isolamento. L’Italia si presenta con il padiglione neorinascimentale di Armando Brasini, mentre l’URSS propone le forme costruttiviste di Konstantin Melnikov.

Il contributo italiano, di grande qualità e varietà, viene premiato con i Grand Prix: Gio Ponti e Galileo Chini per le ceramiche, Vittorio Zecchin per i vetri, Adolfo Wildt per la scultura e Renato Brozzi per l’argenteria.

L’evoluzione del Déco in Francia

La Francia, da sempre promotrice del lusso, raggiunge il culmine del suo stile Déco con l’Expo del 1925. Nel frattempo, una versione più semplice e accessibile dello stile conquista anche la piccola borghesia e le classi popolari.

In questi anni convivono due tendenze: una più decorativa, visibile nelle ceramiche di Sèvres, nella grande vetrata con cerbiatti di Pierre Petit e negli acquerelli fiabeschi di Erté, e una più geometrica, ispirata all’astrazione, come nei vasi in rame smaltato di Camille Fauré, influenzati dalla Secessione viennese.

Si affermano ebanisti di rilievo come Jules Leleu, che rielabora forme settecentesche, René Joubertcon Philippe Petit e Jacques-Émile Ruhlmann, che puntano su linee essenziali per arredare ambienti raffinati. In questi spazi si muovono figure femminili moderne ed enigmatiche, come Wally Toscanini nel ritratto di Alberto Martini.

La moda degli anni Venti

Dopo la Prima Guerra Mondiale, le donne conquistano maggiore indipendenza, e la moda si adegua: i capelli si portano corti, gli abiti diventano più pratici e privi di busti, con gonne corte e linee dritte che non segnano il punto vita. La semplicità sartoriale viene arricchita da gioielli e ricami raffinati. Nella seconda metà del decennio, l’uso del taglio sbieco introduce asimmetrie, le gonne si allungano e il punto vita torna a risalire, pur mantenendo l’estetica androgina.

L’esotismo nel Déco

L’arte déco è attratta dalla natura selvaggia e feroce, simbolo di vita e morte intrecciate. Molti scultori animalier raffigurano animali esotici, integrati in ambienti decorati con tessuti e carte da parati a tema tropicale.

Alfredo Biagini e Sirio Tofanari, tra i principali esponenti italiani, creano sculture in bronzo, pietra e terraglia, portando il fascino del mondo naturale nelle eleganti dimore, nei teatri e nei cinema degli anni Venti. Opere come Amadriade e Leonessa di Biagini, Grande avvoltoio e le scimmie di Tofanari, i pesci di Lalique e Melandri o il mosaico di Pierre-Paul Jouve con una pantera contro un pitone, incarnano questo gusto esotico.

L’Africa nella visione colonialista déco

Nel 1925, la Revue Nègre arriva a Parigi da Broadway. Joséphine Baker, con la sua provocatoria danse sauvage e un costume di banane disegnato da Paul Poiret, incarna lo stereotipo europeo delle danze africane.

Paul Colin rielabora l’estetica dello spettacolo nel 1929 con Le Tumulte Noir, un’opera che mescola jazz, danza moderna e l’idea distorta del “primitivo” diffusa dal colonialismo. Un esempio emblematico è Africa nera di Louis Bouquet, dove figure danzanti ispirate a Baker appaiono in un villaggio immaginario, sovrastate da una divinità nera accanto ad Apollo e Pegaso, riflettendo la fusione tra mito classico e fantasia europea sulle culture africane.

L’Oriente nell’immaginario déco

Negli anni Venti, l’Oriente affascina l’Europa, evocando Egitto, Babilonia, Angkor Wat, India, Cina e Giappone (Il kimono di Anselmo Bucci).

Francesco Nonni, con il Corteo orientale, esposto a Parigi nel 1925 e a Monza nel 1927, porta nelle case borghesi il sogno esotico, così come la Danzatrice del tempio di Dante Zoi.

Anche il folklore slavo conquista Parigi grazie ai Ballets Russes di Djagilev. Le movenze di Nijinsky e Rubinstein influenzano le sculture crisoelefantine di Demetre Chiparus, amatissime dal mercato di lusso francese e americano.

L’Antichità reinventata nel Déco

Gio Ponti fonde mito classico e modernità nelle sue opere per Richard-Ginori, reinterpretando l’antico con ironia e uno stile elegante.

Le ciste, ispirate a manufatti etruschi, presentano scene evocative come La conversazione classica, che rilegge le rovine attraverso il romanticismo del Grand Tour, Il trionfo dell’Amore e della Morte, con richiami rinascimentali, e Migrazione delle sirene, dal tono onirico e visionario. Le figure, sospese tra passato e presente, richiamano l’atmosfera metafisica di de Chirico.

Nella serie Le mie donne, Ponti raffigura nudi femminili ironici e stilizzati, sospesi tra corde, nuvole d’oro e fiori carnosi, con influenze manieriste, preraffaellite e della Secessione.

La Wunderkammer déco

Le Wunderkammer, o “camere delle meraviglie”, erano collezioni rinascimentali di oggetti rari e straordinari, naturali e artificiali, destinate a suscitare stupore e curiosità.

In questa versione déco, il fascino del lusso e dell’artigianato si manifesta nei vetri soffiati trasparenti di Vittorio Zecchin, leggeri ed eleganti, e nei Vetri Primavera di Ercole Barovier, tipicamente déco. Accanto a loro, le creazioni di Alfredo Ravasco rinnovano l’oreficeria milanese con opere sofisticate.

Tra gli esempi più significativi figurano i centrotavola con razza e polpi e il trittico per Angelo Campiglio e Gigina Necchi. Le oreficerie di Ravasco, sempre più elaborate tra gli anni Venti e Trenta, segnano il passaggio dal Déco allo stile Novecento.

Declino dell’Art Déco e nascita dello stile Novecento

Tuttavia, lo stile Déco, con il suo fascino sensuale, il ritmo frenetico del Charleston, le forme eleganti e ricercate, giunge rapidamente alla fine del suo ciclo creativo.

Negli anni Trenta, l’Art Déco lascia il posto allo stile Novecento, caratterizzato da monumentalità, plasticità e una narrazione più solenne e ideologica.

Le arti decorative abbandonano il lusso eccessivo, privilegiando forme essenziali e smalti monocromi, anche a causa delle restrizioni imposte dal regime fascista. In ceramica emergono le terraglie rosse di Andlovitz, Biancini, Ponti e Gariboldi.

Mentre in Europa il Déco scompare, negli Stati Uniti vive una nuova fase con edifici iconici come il Chrysler Building e l’Empire State Building, segnando l’inizio dell’Art Déco americana.

Per me è stata un’esperienza di gran ricchezza. Ho ammirato una a una tutte le opere come fossi in una gioielleria intenta a provare, togliere, abbinare, specchiarmi, esclamare e stupirmi, nella scelta di un nuovo gioiello (difatti sono rimasta dentro per tre ore 🙂 ).

Mi è piaciuta molto anche la parte audiovisiva presente nelle sale: dei filmati tematici dell’epoca che riempivano di senso gli oggetti circostanti, donandogli contesto.

mostra "Art Dèco. Il trionfo della modernità2. palazzo Reale, Milano 2025

Vi auguro una Buona visita e vi aspetto alla prossima recensione…

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