Mostra “Io sono un drago” – La vera storia di Alessandro Mendini, Triennale Milano
Aperta fino al 13 ottobre alla Triennale di Milano l’ampia retrospettiva dell’architetto, designer e artista milanese Alessandro Mendini (1931-2019). Oltre 400 opere raggruppate per sezioni tematiche, percorrono la carriera dell’artista poliedrico postmoderno.
Autoritratti
Mendini opera una spietata analisi della sua anima e del suo corpo; il suo modo di agire, pensare, visualizzare è un bisogno di sfogo autobiografico, di movimento della sua psiche nella ricerca e bisogno di romanzare.
Si perlustra, scompone, deforma. A partire dagli anni ‘80 gli autoritratti riflettono una nuova consapevolezza raggiunta, in un racconto di sé stesso non più sofferente e giudicante, bensì giocoso e autoironico. Fa parte di questo lavoro di introspezione l’opera da cui prende il nome la mostra: “Io sono un drago”. Un disegno quasi fanciullesco in cui Mendini si scompone, viviseziona, facendo un inventario di sé: testa da designer, mani da artigiano, corpo da architetto, gambe da grafico, piedi da artista, coda da poeta, petto da manager e la pancia da prete.
Radical melancholy
Alessandro Mendini, nella sua naturale vocazione di creare immagini, fa rinascere manufatti esistenti tramite il decoro e il disorientamento della loro figura, ricorrendo anche allo strumento consapevole del Kitsch. Riscrisse le regole del design insieme ad altri artisti avanguardisti, tutti membri dello Studio Alchimia che vinse nel 1981 il premio Compasso d’oro nella sezione Ricerca.
L’artista milanese conduceva una ricerca di umanizzazione dei suoi oggetti e delle sue architetture; questi dovevano trasmettere simpatia e non essere repellenti:
“Molto spesso gli oggetti sono cattivi.”
La Poltrona Proust, oggetto fatto in forma aneddotica, nel bene e nel male lo rappresenterà per sempre. Un miracolo di equilibrio visivo fatto da pixel colorati; un ready made ripetibile in scala e materiale. Alessandro Mendini ha affermato che Marcel Proust con la sua pulviscolarità gli ha donato la più ossigenata ed energetica possibilità metodologica.
Fragilismi
Nel 2002 per la mostra Foundation Cartier Mendini disegna il manifesto del “Fragilismo”. Un elogio alla deboloezza tra disegni e parole ricorrenti. Il fragilismo è un modo di concepire la vita, è una visione del mondo. Un mondo fragile così come lo è l’essere umano.
“Per questo è bene vivere in modo fragile. Perché così il “fragilismo” diventa la teoria per una vita disposta a scivolare su e giù come sulle sabbie mobili. Diventa un metodo, una grande forza che fa accettare la debolezza come fosse un valore.”
Stanze
Tra gli anni ’70 e ‘90 Mendini realizza una serie di stanze senza finestre, in una poetica della memoria che porta a immaginare spazi in cui si accumulano ricordi e menzioni.
“Ho il ricordo di essere nato in una Wunderkammer… Fu in quello spazio magico che vidi le prime cose”.
Cresciuto nell’alta borghesia milanese, l’arte era una questione di famiglia. Quella che oggi è la Casa Museo Boschi di Stefano, istituzione culturale milanese, era la dimora degli zii di Mendini.
Vi lascio dei testi che raccontano il mondo artistico di Alessandro Mendini, tra volumi illustrati, racconti e riflessioni:
E alcune sue famose creazioni di design intramontabili:
“Metto insieme tante cose per raggiungere un obiettivo sintetico; se ogni piccola cosa è di qualità, sarà di qualità anche l’insieme. Questo vale anche per le persone.”
Vi auguro una Buona visita e vi aspetto alla prossima recensione
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