Game, set and match
Bonjour à tous! E buon ferragosto!
Come state?
Questa mattina mi sono svegliata con le braccia e spalle indolenzite, postumi della lezione di tennis di ieri mattina.
Sarà stata la vittoria di Jannik Sinner al National Bank Open di Toronto e un sano patriottismo italiano che mi hanno portato ad affrontare la lezione quasi fosse in palio un montepremi a sei zeri.
Mi sono da poco approcciata a questo sport ma prevedo con lungimiranza – conoscendo la mia competitività principalmente versus me stessa nello sport, che mi porta ad adottare la forma mentis di un atleta in preparazione per le Olimpiadi – che mi darà soddisfazioni.
Ho fatto lezione con Giulio, il casanova del circolo appena uscito da un film degli anni ‘80: capello ingellato, orecchino a brillantino, collana con cordino di caucciù e croce pendente, colletto della polo portato all’insù.
Scambiamo le prime battute e nella mia mente risuona l’opera lirica – Mal reggendo all’aspro assalto / Il trovatore di Giuseppe Verdi, più precisamente – che mi trasporta all’incipit del film “Match Point” (2005) di Woody Allen.
E qui mi interrogo su uno dei temi più dibattuti nell’ambito della carriera sportiva: si vince con il talento (qui fortuna) o per il duro lavoro?
Dal film:
“Chi disse: “Preferisco avere fortuna che talento”, percepì l’essenza della vita. La gente ha paura di ammettere quanto conti la fortuna nella vita. Terrorizza pensare che sia così fuori controllo. A volte in una partita la palla colpisce il nastro e per un attimo può andare oltre o tornare indietro. Con un po’ di fortuna va oltre e allora si vince. Oppure no e allora si perde.”
Io credo nella commistione di entrambi; se rimaniamo sul versante sportivo, una determinata conformazione fisica può agevolare o meno la resa dell’atleta, ma senza disciplina, allenamento e obiettivi in progressione, non si può giungere alla massima espressione del proprio potenziale.
Di recente ho letto il romanzo “Uomini di cavalli” di Pietro Santetti che mi ha dato un’altra chiave di lettura del tema:
“Il talento non esiste (…). Dovrebbe essere chiaro che il talento non è una questione di muscoli, ma di fantasmi.”
Emergendo da questa quinta dimensione di interrogativi esistenziali posti e replicati con astensione di giudizio, torniamo sul campo da tennis.
Game, set and match
Servizio: pratichiamo la tecnica della visualizzazione e immaginiamoci sulla terra rossa finalisti del Roland Garros
Risposta: abbigliamoci come se lo fossimo
Smash: voilà 5 mie selezioni per il vostro look da tennista:
Al prossimo appunto…
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